Il Senegal è un Paese eccezionale per un viaggio fai da te all’avventura. È questa la conclusione a cui sono giunto dopo 2 settimane a viaggiare on the road sulle strade senegalesi. Qui il concetto di “viaggio” raggiunge la sua forma più pura: non è tanto “cosa vedere” che conta, quanto quello che ti accade lungo il percorso.
Un Paese accogliente e caloroso per un viaggio “da vivere”, tra esperienze irripetibili, forti shock emotivi e panorami wild. Senza ombra di dubbio, il principale motivo per andare in Senegal sono le persone e la più preziosa delle cose da vedere sono gli incontri, i racconti e le storie dei senegalesi. Bastano 5 minuti per accorgersi che è la gente che si incontra per strada, nel casuale intreccio di percorsi, a riempire le giornate, a caratterizzare i panorami e dare sapore al cibo.
Il Senegal, sicuramente, regala emozioni e se riesci a partire senza aspettative e senza i condizionamenti di chi dice “Eh ma non è il Kenya, eh ma non ha i tramonti della Tanzania”, ti renderai conto che qualsiasi paragone è stupido e insensato.
Il Senegal è il Senegal, una porta di accesso a quella “Vera Africa” che permette di scoprire il Continente Nero con un alto livello di godibilità del viaggio e soddisfazione. E aggiungo, viaggiare in Senegal da soli è una figata.
Vi racconto il mio viaggio in Senegal, sperando sia di ispirazione per nuove avventure.
Prima di iniziare, però, ti invito a dare un’occhiata allo storytelling del viaggio che ho fatto su Instagram che puoi trovare nelle storie in evidenza.
Senegal: cosa vedere – Viaggio di 2 settimane
Quando sono partito dall’Italia ero convinto che 2 settimane sarebbero state più che sufficienti per vedere buona parte del Senegal. Poco dopo il mio arrivo sul suolo africano ho dovuto ricredermi.
1. Toubab Dialaw
Il mio viaggio in Senegal parte da Toubab Dialaw, un villaggio di pescatori non molto lontano dall’aeroporto. Una lunga spiaggia su cui si affacciano casette colorate che, però, non deve far pensare a indimenticabili momenti di relax in riva al mare.
Toubab Dialaw è un agglomerato di case in muratura dall’aria incompiuta, le strade sono sterrate, le capre hanno la precedenza agli incroci e manca completamente l’illuminazione pubblica.
Le dolci scogliere, però, offrono un punto di osservazione privilegiato per osservare le operazioni quotidiane dei pescatori che tutti i giorni partono dalla spiaggia con le loro piroghe per farvi ritorno al tramonto con le reti piene di pesci.
Ripensandoci ora, Toubab Dialaw è l’inizio perfetto di un viaggio in Senegal perché, nelle sue dimensioni ridotte, permette di essere scoperta a piccoli passi: la vita dei pescatori in spiaggia, le viuzze intricate che, in un modo o nell’altro, conducono tutte alla moschea, le persone che bevono il té, mangiano e socializzano fuori dalla porta di casa e lo streetfood.
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2. Dakar
Da Toubab Dialaw mi sposto a Dakar, la capitale e centro economico importantissimo per tutta l’Africa Occidentale che mi accoglie con un caos incredibile e poco da vedere. Per 2 giorni giro la città senza grosse soddisfazioni. Lo smog, il traffico, il grigiume dei palazzi, la sporcizia la rendono una città poco attraente.
Vale sicuramente la pena visitare il Monumento al Rinascimento Africano, un colosso di bronzo che svetta sullo skyline cittadino e che rappresenta la solidità della famiglia africana. Nonostante sia stato considerato dalla CNN come uno dei 10 monumenti più brutti al mondo, mi sento di dissentire. Le sue linee dinamiche e la sua granitica imponenza credo rappresentino, più che un’esaltazione dei valori della famiglia tradizionale, la forza, la capacità di resistenza e l’orgogliosa voglia di riscatto delle famiglie senegalesi, il nucleo sociale su cui si poggia l’intera società.
La Plage de Mammelles è particolarmente suggestiva con le sue pietre nere e il faraglione che veglia su di essa, se non fosse per il muro di spazzatura, forse riportata dall’oceano a riva, che va superato per accedere alla spiaggia.
Non mancano, in ogni caso, degli scorci da lasciare a bocca aperta come questo cimitero islamico trovato casualmente camminando per la città.
Oppure il mercato del quartiere Medina dove tuffarsi letteralmente in una dimensione quasi surreale.
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Cerco, quindi, di andarmene da Dakar abbastanza in fretta, ma resto completamente imprigionato nel suo caos. Sul lato ovest della città, zona in cui ho il B&B, nessuno riesce a darmi informazioni precise su come prendere un mezzo di trasporto per lasciare la città. Decido di spostarmi nella zona est, dove ci sono le principali vie di ingresso e uscita da Dakar, nella speranza che questo spostamento geografico mi aiuti a trovare una soluzione. E per fortuna! Non solo il mio intuito mi permette di ottenere le preziose informazioni per uscire dalla città, ma riesco anche ad esplorare il luogo più bello ed entusiasmante di Dakar: l’Ile de Gorée, un’isoletta a 20 minuti di traghetto dalla costa che racconta una storia tragica e, al tempo stesso, di profondo orgoglio e di riscatto.
Al mattino di lunedì, prendo il primo traghetto alle 7:30. Pochissime persone a bordo. Vedendo avvicinarsi l’isola, capisco subito che verrò ripagato dalle fatiche dei giorni prima. Sbarcando vengo rapito dai colori, dall’assenza di strade e macchine e mi perdo nelle viuzze sterrate su cui si affacciano casette in stile coloniale. Percorro da parte a parte l’isoletta camminando all’ombra di secolari baobab.
L’Ile de Gorée è patrimonio UNESCO dal 1978, non solo per la sua bellezza, ma soprattutto per la sua storia tragica. Da qui, infatti, partivano buona parte delle navi negriere che portavano gli schiavi africani verso le Americhe.
Tutta l’isola è un gioiellino naturalistico e architettonico che ti ruberà il cuore, con diverse cose da vedere come la Casa degli schiavi e il museo della schiavitù. Ma basta passeggiare senza meta per riempirsi gli occhi di scorci straordinari.
L’Ile de Gorée merita almeno mezza giornata, nella quale non dovete dimenticarvi di bere un Caffè Touba.
Consiglio: evitate nella maniera più assoluta di visitare l’Isola di Gorée nel weekend. Gli abitanti di Dakar, infatti, usano recarsi sull’isola nei giorni festivi per godersi una giornata di divertimento e relax in spiaggia. Sono migliaia di persone che si riversano su un francobollo di terra e le code per imbarcarsi al porto possono superare le 4 ore.
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Nel pomeriggio mi reco al Lago Rosa, un lago che si trova a est di Dakar e che in particolari condizioni diventa rosa per via di un’alga che vi cresce all’interno. A settembre, ovviamente, non era rosa, ma color mattone. Il periodo migliore per visitarlo sperando che il colore delle acque sia l’insolito rosa è da novembre ad aprile, quando il caldo, l’assenza di vento e di piogge danno vita allo spettacolo naturale. Per arrivare al lago potete contrattare una corsa in taxi, che comunque risulterà abbastanza costosa (circa 18.000 CFA / 27€), oppure optare per 2-3 di tratte su mezzi condivisi (Dakar – Kammba – Niaga – Lac Rose), che, però, non dovrebbe costare più di 2-3 euro.
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Alla fine scopro che per lasciare Dakar, devo recarmi alla Gare Routière de Colobane, vicino all’omonima stazione della TER (il treno regionale), dove prendo il mio primo Sept-place per Saint Louis.
3. Saint Louis
Il Sept-place, letteralmente 7 posti, è un Peugeot 305 station wagon sicuramente più vecchio di me. Ha 7 posti ma ci si viaggia in 8 e a me spetta drammaticamente il posto centrale nella fila dietro. Non riesco a starci con la testa perché i sedili sono montati sopra al passaruota posteriore. Non ci sto nemmeno con le gambe. Dopo due ore di continui rigiri per dare sollievo ai miei arti indolenziti, il mio vicino mi chiede se è tutto a posto. Rispondo che “mi fa male il culo” e lui: “Amico, l’Africa è così”.
Il viaggio dura in tutto 5 ore e mezza e devo perfino considerarmi fortunato di non aver trovato traffico. Ma Saint Louis è stupenda e mi dimentico immediatamente del dolore al fondoschiena.
La città si sviluppa a cavallo del delta del fiume Senegal, proprio sul confine con la Mauritania. Al centro del fiume si trova l’isola che ospita il centro storico, uno spettacolo di case in stile coloniale che si raggiunge attraversando il Ponte Faidherbe in ferro, progettato da Gustave Eiffel.
L’atmosfera è stupenda. Le vie sono tranquille e al tempo stesso animate dalla vita quotidiana degli abitanti. Tutto ha colori sgargianti: architetture, piante, animali, murales. Passeggiare nel centro storico da nord a sud è incredibile. Si possono trovare scorci incantevoli, palazzi decadenti dal fascino unico, palme piene di pipistrelli e musei interessantissimi come quello della fotografia africana e quello dedicato a Jean Mermoz, leggendario aviatore che assieme ad Antoine de Saint-Exupéry (sì, quello del Piccolo Principe) ha aperto la via aerea postale dall’Europa al Senegal.
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Sul lato opposto del fiume, invece, su una lingua di terra che chiude il delta del Senegal, si sviluppa il quartiere dei pescatori. Un posto shockante in cui la realtà ti prende a sberle con la sua assenza dei filtri patinati attraverso i quali osserviamo il mondo oggi.
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Saint Louis merita decisamente un articolo più approfondito che è in arrivo.
4. Il Santuario nazionale degli uccelli di Djoudj (quando ho salvato 2 gattini)
Lascio Saint Louis e i suoi colori per raggiungere il Santuario nazionale degli uccelli di Djoudj, a circa un paio di ore di macchina dalla città. Salgo su un taxi condiviso che raccoglie i soldi della tratta e si ferma a comprarsi una bella baguette con le lenticchie.
Per arrivare qui bisogna raggiungere Ross Béthio e poi trovare un mezzo in grado di percorrere le piste sterrate che portano al parco. Durante il periodo delle piogge potrebbero essere difficilmente praticabili.
Trovo un driver che mi porta fino al campement alle porte del parco. Il modo migliore per visitare il Santuario è in piroga, ma durante le piogge è impossibile trovarne una. Mi avventuro quindi a piedi.
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Il santuario è una zona umida alluvionale che si affaccia sul fiume Senegal. Tra la vegetazione fatta di alberi solitari, savana, canneti e mangrovie, trovano casa centinaia di uccelli, tra cui una colonia di pellicani che nidifica nel pieno centro del parco. Aquile pescatrici africane, gruccioni coda di rondine, ghiandaie marine abissine, fenicotteri sono solo alcuni degli uccelli che è possibile avvistare. Ma non solo uccelli, anche facoceri, iene e scimmie.
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Faccio un lungo trekking all’interno del santuario, mi becco un acquazzone che non mi intimorisce. Porto a casa un sacco di foto e torno al campement. Chiamo il driver e mi accordo per le 2 del pomeriggio. A quell’ora mi posiziono all’ingresso del villaggio lungo la pista sterrata. Sto aspettando seduto che arrivi l’auto quando una persona attraversa la strada e svuota un secchio all’interno di una pozza di fango. Pochi secondi dopo, miagolii disperati iniziano a perforarmi le orecchie. Mi affaccio e vedo due gattini di massimo 3-4 giorni lasciati a morire sotto il sole cocente. Li avvolgo tutti infangati in una maglietta e me li porto con me.
Il driver non arriva, quindi fermo un pickup che mi dà un passaggio seduto nel cassone dietro.
Prendo un bus solo promettendo all’autista terrorizzato che l’avrei protetto dai due gattini (e dopo aver pagato anche per loro). Arrivo a Saint Louis e, dopo aver valutato ogni possibile opzione, trovo Salim, un veterinario dal cuore buono che si prende carico di Mimì e Cocò (così li ho ribattezzati).
5. Deserto di Lompoul
Riparto da Saint Louis per lasciare letteralmente questo mondo. A un’ora e mezza in direzione Dakar, infatti, si trova un deserto affacciato sul mare. È una tappa imperdibile. Nonostante fossi già stato in un accampamento in Giordania, il Deserto di Lompoul mi ha lasciato a bocca aperta, tanto da decidere di restare per ben 2 notti e concedermi un giorno di relax in cui ho potuto godermi l’accampamento tutto per me.
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Qui è possibile effettuare qualche attività tipica dei turisti come le passeggiate in cammello o le escursioni in quad, oppure semplicemente godersi il tramonto e un cielo stellato assurdo.
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Consiglio: io ho alloggiato presso l’Horizons Lodge Lompoul. Davvero consigliato.
6. Somone
Dopo 2 notti e 1 giorno di totale relax sono di nuovo su un sept-place estremamente scomodo. Il viaggio è lungo, devo ritornare verso Dakar e poi andare verso sud, dove inizia una regione stupenda, da godere affacciati al finestrino: una savana lussureggiante da cui spiccano splendidi Baobab.
Somone è la destinazione finale, una cittadina sulla Petite Côte che si affaccia da un lato sull’Oceano Atlantico e sull’altro su una laguna che è riserva naturale. E basta poco per capire perché quest’area sia protetta. È una zona paludosa di incredibile bellezza abitata da centinaia di uccelli, granchi e mammiferi tra cui il granchio violino e lo sciacallo dorato.
Un sentiero attrezzato, il “Randonnée Ecologique Lagune”, permette di attraversare le mangrovie lungo passerelle di legno e affacciarsi verso il cuore della laguna.
Un’escursione spettacolare che giunge fino a una torretta di osservazione da cui, durante la bassa marea, con un po’ di fortuna, è possibile avvistare gli sciacalli dorati che si inoltrano nella laguna in cerca di cozze (cozze, giuro). Ovviamente io sono una persona fortunata!
C’è un’altra ragione per venire fino a Somone: le ostriche! Manca lo champagne, ma qua mangiare le ostriche è una cosa un po’ diversa dall’immaginario francese.
Se si prosegue dritti fino alla fine di Avenue de la Lagune, si trova un mercato dedicato unicamente alle crudités a km zero. Mi affaccio sulla riva, c’è una ragazza che sta tirando fuori una rete di ostriche dall’acqua e chiedo se posso assaggiarne una. Me la apre e me la porge con del limone. È buonissima e chiedo di assaggiare un altro tipo di crudités che mi dice chiamarsi “petons”.
[SPOILER]: non sono stato male per i crudi.7. Joal Fadiouth
Riparto verso sud circondato da paesaggi stupendi, fino ad arrivare all’apoteosi di questo viaggio. Joal Fadiouth non è solo il posto più bello da vedere in Senegal, ma uno dei posti più belli che abbia mai visto.
Il villaggio di Joal Fadiouth si sviluppa lungo una stretta lingua di terra che da un lato guarda verso l’Oceano e dall’altro guarda su una laguna che si riempie e si svuota in base alla marea. Ma non è il villaggio né sono le mangrovie o l’oceano a rendere questo posto unico al mondo, quanto un isolotto che si trova al centro della laguna.
L’Ile de Fadiouth è qualcosa di incredibile. Si tratta di un’isola artificiale la cui “costruzione” è iniziata nel 1300 quando gli abitanti del luogo, durante la bassa marea, si riversavano sulle sabbie per raccogliere vongole e altre molluschi bivalvi, le cui conchiglie venivano abbandonate una sopra l’altra giorno dopo giorno, secolo dopo secolo. Nacque così un’isola fatta di conchiglie. Le strade sono fatte di conchiglie e le case hanno mattoni fatti di conchiglie. Camminare tra le viuzze è straordinario e viene da domandarsi se le persone che senza fretta si occupano delle loro faccende quotidiane, si rendano conto di vivere sopra a un capolavoro.
Ma la parte più incredibile, ai limiti della realtà, è il cimitero dove, all’ombra dei baobab e sepolti dalle immancabili conchiglie, riposano in eterno musulmani e cristiani assieme.
Anche qui seguirà articolo dettagliato
8. Parco Nazionale del Delta del Saloum
Lascio a malincuore Joal Fadiouth e mi sposto ulteriormente verso sud. Inoltrandomi, finalmente, nel Delta del fiume Saloum, un’area immensa che è Parco Nazionale e che da sola vale un viaggio in Senegal.
Palmarin
La prima tappa è Palmarin, un villaggio alle porte del delta. Qui si può effettuare un’escursione in carretto a cavallo all’interno della Riserva naturale di Palmarin che passa attraverso le saline da cui viene estratto il sale e prosegue fino a un punto di avvistamento delle iene, passando paesaggi bellissimi, baobab, laghi e savane. Ovviamente avevo terminato la fortuna con gli sciacalli e non vedo neanche una iena.
Djiffer
Anche Djiffer si trova in fondo a una lunga lingua di terra. È circondato dal mare e vive di pesca. Lo si capisce immediatamente dagli ammassi di reti, dall’odore nauseabondo dei pesci messi a essiccare, dalla montagna di conchiglie giganti che vengono scartate dopo averne estratto la carne.
Le barche arrivano in continuazione dalla spiaggia, scaricano il pescato a chi a terra si occuperà della pulizia del pesce e ripartono in mare in una instancabile danza.
Nonostante la strada fino a Djiffer sia stata lunga e di emozioni ne abbia vissuto a bizzeffe, Djiffer è un ulteriore pugno nei reni. Imperdibile, a mio parere, perché descriverlo a parole è difficile, va vista con i propri occhi la gente che lavora, bisogna camminare sulle conchiglie e sentirne l’odore putrescente. Si avrà la sensazione di aver imparato qualcosa del mondo.
Consiglio: a Djiffer è possibile trovare una piroga per un giro nel Delta del Saloum, un’esperienza sicuramente consigliata. Il costo è di circa 30.000 CFA (50€) per mezza giornata di escursione. Potete negoziare un pochino, ma più che altro conviene trovare compagnia per dividere il prezzo della piroga in più partecipanti.
Mar Lodj
Riparto a bordo di un minibus pieno all’inverosimile per raggiungere Dangane, un villaggio affacciato sul Delta Saloum da dove parte la piroga per l’Isola di Mar Lodj. La piroga collettiva costa 300 CFA (0,50€) e una buona dose di pazienza. Tra l’attesa per l’arrivo della barca e l’attesa che la stessa venisse riempita di persone e beni materiali per rifornire l’isola, attendo almeno un paio di ore, che mi godo mangiando manghi in riva al fiume e assaggiando Fataya, streetfood fritto.
Finalmente parto lungo una via d’acqua che costeggia la splendida foresta di mangrovie fino al villaggio di Mar Lodj. Da qui in carretto fino al mio lodge a Cap Marniarne.
Mar Lodj è un’isola dove non ci sono strade e non esistono auto. Gli spostamenti avvengono unicamente in carretti trainati da cavalli e regala una natura pressoché incontaminata che non deve spaventare. Mi avventuro, quindi, alla ricerca di un villaggio nascosto fra le mangrovie: Mar Wandié. Per raggiungerlo mi aiuto con Google Maps e qualche riferimento naturale. Costeggio le mangrovie, attraverso una piana fangosa fino a una palma e poi di nuovo seguo le mangrovie fino a incontrare una passerella di legno. Mi tolgo le scarpe per attraversare il corso d’acqua fino a issarmi sulla passerella.
Il ponticello si inoltra nelle mangrovie fino a oltrepassarle. Al di là compare Mar Wandié, un minuscolo villaggio di pescatori, con le piroghe colorate ormeggiate nell’acqua bassa e sicura.
9. Popenguine
Siccome dei problemi di stomaco per un pollo non digerito mi costringono a prendermi un giorno di riposo a colpi di Maalox, il mio viaggio deve subire una piccola modifica. L’intenzione iniziale era quella di arrivare fino a Casamance e ritornare in aereo da Cap Skirring. Purtroppo le tempistiche mi obbligano a ripiegare verso nord e Popenguine si rivela un’ottima scelta.
Questa cittadina affacciata sull’oceano ospita una splendida riserva naturale che si inerpica in cima alle scogliere, offrendo indimenticabili panorami.
Il mio viaggio termina qui e mi sento di promuoverlo a pieni voti. Un viaggio per molti aspetti diversi, meno ricco di cose da vedere, ma più intenso dal punto di vista umano ed esperienziale. Posso dire che un viaggio in Senegal inizia davvero quando si scende dal letto e si apre la porta della propria stanza.
Guarda la gallery completa del mio viaggio in Senegal.
Informazioni per un viaggio in Senegal fai da te (prima di partire)
Nonostante un inizio di viaggio un pochino faticoso, in particolare a Dakar dove ho faticato a reperire informazioni utili e a capire le logiche a livello logistico, posso dire che un viaggio in Senegal non è particolarmente difficile. Sicuramente il contesto sociale e la diffusa povertà lo rendono un viaggio per certi versi complesso, ma molto godibile. Prima di partire, però, è bene essere informati sugli aspetti più utili alla pianificazione.
Dove dormire in Senegal
Trovare da dormire in Senegal non è difficile. Nelle città e nei posti di interesse turistico fioriscono B&B e guesthouse oltre ai classici hotel. Dormire non è particolarmente economico: mediamente si spendono dai 15.000 ai 25.000 CFA (da 22€ a 38€) per una camera doppia con standard di pulizia ottimi. Molto spesso la colazione è inclusa.
Booking.com funziona bene, ma se non hai ansia, puoi negoziare il prezzo direttamente in loco presso le stesse strutture che vedi online, soprattutto in bassa stagione.
Cosa mangiare in Senegal
La cucina senegalese è una cucina molto semplice che si basa su materie prime basilari: cipolle, pollo, pesce bianco, gamberi. Nonostante questo, o forse per questo, tutto quello che ho mangiato in Senegal era eccezionalmente buono. Un particolare che non ha smesso di stupirmi durante tutto il viaggio. Più mangiavo e più mi stupivo di quanto una cottura per nulla elaborata potesse produrre dei sapori così buoni.
Il piatto nazionale è il Thieboudienne, o Riz Poisson in francese: riso bianco con pesce, grigliato o stufato, accompagnati con cipolle stufate.
Il secondo piatto più diffuso in Senegal è lo Yassa Poulet: pollo speziato accompagnato da cipolle stufate.
Anche lo streetfood gioca un ruolo importante in Senegal e si può trovare pressoché ovunque. Tipico streetfood sono le Fataya: pane fritto tipo panzerotto che viene riempito di ingredienti vari come tonno e cipolle, cipolle e pollo, ma si possono trovare all’interno anche patatine fritte e salse varie. Il costo medio è attorno ai 500 CFA (0,80€).
Da bere, invece, il caffè Touba, un caffè molto particolare, speziato con note di menta, che si può trovare un po’ ovunque insieme al tipico Tè. Basta cercare venditori muniti di grossi thermos.
E infine, una piccola chicca: sì, è possibile bere il succo di Baobab. Si chiama Bouye (pronunciato “Biji” o qualcosa di simile). Il Baobab, infatti, produce un frutto chiamato “Pane delle Scimmie” che è possibile utilizzare per farne un succo ricchissimo di nutrienti. Per berlo chiedi ai locals quali sono i locali, le boutique (alimentari) o ristoranti che lo hanno in disponibilità.
Dove mangiare in Senegal
Per mangiare si può optare per diverse soluzioni:
Ristoranti
I ristoranti in Senegal possono essere molto spartani, ma comunque accolgono con un menù e un servizio basilare. Per un piatto con una bibita si spendono dai 3 ai 5€ a testa.
Dibiterie
Potremmo definire le dibiterie come dei fast food, anche se di fast non hanno nulla. Di base sono delle griglierie dove si grigliano pollo e montone accompagnati da cipolle o le più classiche patatine fritte. Difficili da trovare per l’assenza di insegne o menù esposto (consiglio di chiedere ai local dove si trova la miglior dibiterie della zona), le consiglio vivamente nonostante siano poco invitanti e sia abbastanza difficile capire cosa si sta acquistando. Normalmente hanno un piatto fisso, quindi basta dire il tipo di carne che si vuole e il mastro fochista farà il resto. Da tenere a mente che l’indicazione generica francese “viande” (letteralmente “carne”), viene utilizzata per indicare la carne di montone. Spesa media: 3-5€ a testa, porzioni estremamente abbondanti.
Streetfood
Lo streetfood è presente in tutto il Paese, basta camminare lungo una qualsiasi strada per trovare donne che vendono streetfood di tutti i tipi, dal mango alle fataya.
Boutique
Le boutique sono piccoli negozi di alimentari che tengono i generi di prima necessità. Sono particolarmente economici e utilissimi per rifornirsi di acqua, frutta e pane.
Supermercati
Nelle grandi città esistono dei supermercati come Auchan e Carrefour.
Cosa mettere in valigia
La valigia per un viaggio in Senegal non è particolarmente complessa, ma alcuni dettagli faranno la differenza. Vediamo cosa va messo assolutamente in valigia:
- Pazienza: è una premessa fondamentale. Un detto senegalese dice “voi avete i soldi, noi abbiamo il tempo” e infatti si prendono sempre tutto il tempo necessario. La prima cosa che noterai è che non hanno mai fretta, si muovono lentamente e, quando si tratta di cibo, preparano tutto al momento. Per un Riz Poisson metti in conto anche un’attesa di un’ora e mezza. I mezzi condivisi non partono finché non sono pieni. Può capitare, quindi, di attendere 30-60 minuti seduti su un mini bus o un sept-place fatiscente prima di partire.
- Lampada da testa: non può mancare! Nei villaggi, fuori dalle città in generale, vi stupirà la totale assenza di illuminazione pubblica. Una lampada frontale sarà sicuramente utile per muoversi dopo il calar del sole. L’alternativa, un po’ scomoda, è il flash del telefono.
- Assicurazione viaggio: è sicuramente raccomandata visto che i rischi sanitari, ma non solo, sono più alti che in Italia. Io ho fatto questa. Ricordati di includere anche la copertura degli infortuni.
- Crema solare: il sole picchia forte. A settembre, dalle 11 alle 16, in assenza di nuvole, è quasi impossibile stare al sole e nel resto della giornata è comunque in grado di provocare scottature. Crema solare sempre a portata.
- Spray antizanzare: è fondamentale, soprattutto nel periodo delle piogge. Il mio consiglio, però, è sempre quello di acquistarlo in loco perché i prodotti commercializzati solitamente sono ottimizzati per le specie locali e risultano più efficaci.
- Zanzariera portatile: molti hotel e B&B hanno letti con zanzariera, ma se volete essere sicuri di dormire serenamente, una zanzariera portatile non fa male. Qui un esempio.
- Kit pronto soccorso: sempre importante avere a disposizione strumenti per l’automedicazione in caso di problemi. Nel kit di pronto soccorso non devono mancare cerotti e disinfettante. Steril strip sono un plus che non fa male avere. In più, non deve mancare un anti-diarroico come l’imodium e un antinfiammatorio/antipiretico come il paracetamolo (tachipirina). Ovviamente non sono un medico, questi consigli vanno presi a puro titolo informativo ed è importante consultare il proprio medico di base in caso di dubbi o particolari condizioni di salute.
Come spostarsi in Senegal con i mezzi pubblici
Gli spostamenti con i mezzi pubblici condivisi in Senegal sono parte integrante del viaggio. Ne esistono diversi, ma la filosofia è sempre la stessa. Bisogna, però, tenere a mente che, nonostante le distanze non siano enormi in termini assoluti, gli spostamenti possono risultare particolarmente lenti. Per fare un esempio: Dakar – Saint Louis distano 250 km, ma la percorrenza media senza intoppi è di circa 5 ore e mezza. Tempistiche che incidono decisamente sulla logistica del viaggio.
La maggior parte dei mezzi condivisi sono in condizioni meccaniche ed estetiche terribili, molti hanno decisamente superato la distanza Terra-Luna come chilometraggio percorso e molti altri erano già in servizio prima che io nascessi (1988). Il risultato, però, è molto folcloristico: autisti che vi chiederanno di aprirgli la portiera dall’interno perché la maniglia fuori è rotta, partenze a spinta, pit-stop a gonfiare le gomme o altre simpatiche stranezze.
Ovviamente a livello di sicurezza siamo sotto qualsiasi tipo di standard, anche se i driver non guidano mai in maniera spericolata o pericolosa.
Sept Place
I sept-place, letteralmente sette-posti, sono station wagon molto vecchie su cui si viaggia in 8 e che percorrono distanze medio-lunghe. Partono dalle Gare Routiére, la “stazioni della strada” da cui partono bus, taxi e sept-place, oppure si possono trovare parcheggiati presso i principali incroci stradali. All’occorrenza si possono fermare con un cenno della mano mentre passano. Se hanno posti liberi saranno felici di caricarvi. Chiedere ai locali quale sept-place parte per la direzione che vi interessa è sicuramente il modo più semplice per capire su quale mezzo salire.
Sono mezzi tutt’altro che comodi, soprattutto se si viaggia dietro e nei posti centrali. Lo spazio per le gambe, ma anche per la testa, è quasi sempre insufficiente e i posti davanti vengono “riservati” alle persone più anziane.
Il prezzo è molto vantaggioso ed è sempre negoziabile. Tratte inferiori all’ora non dovrebbero costare più di 500-1000 cfa (0,80€ – 1,5€). Spesso, però, il bagaglio viene contato come extra e si può andare incontro a un sovrapprezzo.
Minibus
Anche i minibus sono una soluzione estremamente economica (tratte sotto l’ora 300-500 CFA, 0,50€-0,80€) e anche su questi mezzi i bagagli pagano un extra (a me hanno fatto pagare un extra anche per i due gattini!). Partono anche loro dalle Gare Routiére, ma è possibile anche fermarli con un gesto della mano mentre passano. Percorrono distanze medio-lunghe.
Lo spazio a disposizione è sempre insufficiente per le gambe e si viaggia sempre in overbooking, ma almeno con la testa ci si sta. C’è un motivo molto preciso se il minibus costa meno del sept-place. Il sept-place parte quando ha riempito tutti e 7 i posti a disposizione, mentre il minibus deve riempire 20-25 posti e l’attesa può essere molto più lunga. In più, questo tipo di mezzi fa fermate a richiesta anche con differenze di pochi metri. Il rischio è che le tempistiche si dilatino per via di 25 diverse fermate a richiesta.
Taxi condivisi
Come i sept-place, ma con 4 posti passeggeri. Meno posti significa minor attesa e prezzi leggermente più alti. Si parla comunque di cifre tra i 300 e i 500 CFA (0,50€-0,80€), ma la percorrenza è di tratte brevi raramente superiori ai 30-40 minuti di strada.
Taxi
I taxi privati sono sicuramente il mezzo più costoso che si può prendere in Senegal. Quasi inevitabili per muoversi in città. I taxisti sono, in più, poco disponibili alla negoziazione. È bene comunque concordare il prezzo prima di iniziare la corsa. Se il budget è limitato ecco un piccolo trucco: più il taxi è vecchio e più il taxista sarà disposto a contrattare.
Quando andare in Senegal
Il clima del Senegal è tropicale e vive, sostanzialmente, due stagioni: la stagione asciutta e quella delle piogge. Il periodo migliore per visitare il Senegal è da novembre a maggio, caratterizzato da assenza di precipitazioni e temperature più miti. Da giugno a settembre, invece, i monsoni portano pioggia sul Paese e il caldo, in concorso con la fortissima umidità, rendono l’atmosfera meno gradevole. A settembre, comunque, ha piovuto un solo giorno su 15, mentre altre 2-3 giornate sono state caratterizzate da brevi scrosci temporaleschi.
Oltre alla pioggia e all’umidità, c’è un altro motivo per cui è consigliato viaggiare in Senegal da novembre a maggio. In questo periodo, infatti, è più semplice avvistare la fauna selvatica perché costretta a raggiungere le fonti d’acqua per dissetarsi. Durante le piogge, invece, l’abbondanza di acqua permette agli animali di evitare grossi spostamenti.
In più, la pioggia rinverdisce tutto il Paese. La flora rinvigorisce e si tinge di verde acceso. Questo, però, fa crescere alta l’erba nelle savane e offre agli animali un nascondiglio perfetto dagli occhi curiosi dei viaggiatori umani.
Quanto costa una vacanza in Senegal
Una vacanza in Senegal non è eccessivamente costosa, anche se ovviamente è possibile concedersi dei lussi che fanno alzare i prezzi.
Riporto di seguito alcuni prezzi medi.
Dormire: 25-40€ a notte.
Mangiare: 3-5 euro a testa.
Spostamenti: 0,50€ – 5€ con i mezzi condivisi.
Lingua parlata in Senegal
La lingua ufficiale è il francese e il 99% della popolazione non ha difficoltà a esprimersi in questa lingua. L’inglese, invece, è molto meno diffuso e solo nelle località più turistiche è possibile trovare qualcuno in grado di parlarlo.
La conoscenza del francese, dunque, seppur minima, è assolutamente fondamentale per la buona riuscita del viaggio.
Il francese, però, non è l’unica lingua che vi può aiutare in Senegal. Il Wolof è la lingua non ufficiale più parlata nel Paese e negli Stati dell’Africa occidentale confinanti (Gambia, Guinea, Guinea Bissau, Mali, Mauritania). Imparare il Wolof non è per nulla facile, ma ti assicuro che salutare un senegalese in Wolof piuttosto che in francese fa una differenza enorme.
Poche parole di Wolof aprono i cuori senegalesi in maniera unica. Sentire un bianco dire “Salam Aleikum” invece del “Bonjour” dei colonizzatori francesi cambia radicalmente la loro attitudine e li vedrai sciogliersi in un sorpreso sorriso.
Imparare una conversazione tipica basta pochissimo. Ad esempio, io ho imparato queste semplici frasi:
Io: “Salam Aleikum”
Interlocutore: “Aleikum Salam”
Io:” Nanga def?”
Interlocutore: “Mangi fi”
Interlocutore: “qualcosa a me non comprensibile”
Io: “Pardon, J’ai terminé mon Wolof” – (“Scusa, ho finito il mio Wolof”)
Interlocutore: risate
Di seguito un piccolo frasario in Wolof per aiutarti a tradurre la conversazione di poco fa 🙂 .
Wolof | Italiano |
Salam Aleikum | Ciao |
Aleikum Salam | Ciao (in risposta a un Salam Aleikum) |
Nanga Def? | Come stai? |
Mangi fi rekk | Molto bene e tu? |
Djeredjof (o Jërëjëf) | Grazie |
Waw | Si |
Deedeet | No |
Toubab | Straniero/Bianco |
Laa Tudd Matteo | Io mi chiamo Matteo |
Valuta e pagamenti
La valuta ufficiale del Senegal è il Franco CFA. Il cambio attuale, stabile dal 2012, è di 1 euro per 655 CFA.
Di seguito una tabella semplificativa:
1 euro | 655 CFA |
5 euro | 3000 CFA |
10 euro | 6550 CFA |
15 euro | 10.000 CFA |
50 euro | 30.000 CFA |
Fai molta attenzione, però. I pagamenti digitali sono sostanzialmente inesistenti, ho trovato il pos solo negli Auchan e nei Carrefour (3 volte in tutto). Per tutto il resto si paga in contanti e i bancomat per prelevare sono pochissimi e limitati alle grandi città. Assicurarsi di avere sempre con sé un quantitativo sufficiente di Franchi. I cambi valuta, invece, sono un pochino più diffusi, ma la loro presenza non è mai scontata fuori dalle città.
Prima di partire, assicurati che la tua carta di credito o bancomat sia utilizzabile in Senegal. Spesso le banche applicano per sicurezza limitazioni geografiche.
Viaggiare sicuri in Senegal
Viaggiare in Senegal è sicuro? Quando sono partito avevo forti dubbi, ma in definitiva la risposta è sì! Viaggiare in Senegal è sicuro.
In 2 settimane non ho mai avuto la sensazione di trovarmi in una situazione di pericolo e non ho mai sentito il bisogno di stare allerta (in Marocco, invece, mi sono ritrovato in situazioni poco gradevoli con i locali). Bisogna, però, prestare sempre attenzione e ascoltare il proprio istinto per poter viaggiare sicuri.
Dakar è una grande città e come tutte le grandi città comporta dei rischi per la propria sicurezza. Non mancano, infatti, scippatori e ladruncoli. Fare sempre attenzione a dove si tiene il portafogli e altri valori. Girare la sera da soli può essere più rischioso ed è meglio evitare i quartieri periferici di notte.
Fuori da Dakar, è nettamente diverso. In generale, il Senegal è un Paese estremamente accogliente e le persone saranno estremamente aperte e curiose di conoscere uno straniero. Camminare per strada significa incontrare in continuazione persone che ti chiederanno “Bonjour, ça va?” (“Buongiorno, come va?”) senza alcun secondo fine, per pura educazione. In più, i senegalesi sono sempre ben disponibili ad aiutarti e raramente ho avuto la sensazione di essere stato “fregato” in quanto bianco (forse un paio di taxisti che mi hanno spillato un paio di euro di troppo).
A livello di sicurezza sanitaria, ovviamente, la situazione è ben diversa dall’Italia. La mia esperienza, però, è estremamente positiva. Non ho avuto problemi intestinali (in India ero stato male per 2 settimane intere) nonostante abbia mangiato streetfood e perfino crudi di mare. Ho avuto un problema dopo aver mangiato un pollo: digestione completamente bloccata e conseguenti problemi di pancia, risolti però in 24 ore.
A livello di vaccinazioni è raccomandata quella per la febbre gialla e la profilassi antimalarica. Io sono partito senza vaccini e non ho avuto problemi, ma ognuno fa le proprie libere considerazioni.
Per qualsiasi informazione sulla sicurezza e sulla direttive sanitarie, la fonte da consultare è sempre il Ministero degli Esteri italiano sul sito viaggiaresicuri.it.